lunedì 14 gennaio 2013

Guardia Medica e costatazione di decesso. Una sentenza di Cassazione

La Corte di Cassazione, sesta sezione penale, con sentenza n. 15096/2011, depositata il 13/4/11, ha confermato la decisione del Giudice dell’udienza preliminare (GUP) del Tribunale di Massa che aveva dichiarato non luogo a procedere a carico di un sanitario di turno della guardia medica in ordine al reato di rifiuto di atti d’ufficio (art. 328 del codice penale), contestatogli per non essere prontamente intervenuto, su richiesta di un parente, al fine di constatare il decesso di un paziente.

Secondo il GUP, dalla registrazione della telefonata intercorsa tra il sanitario e il figlio del paziente, emergeva credibilmente che il malato era già deceduto nel momento in cui veniva richiesto l’intervento della guardia medica e che, quindi,”non sussisteva un’assoluta urgenza di intervento”.

Il GUP riteneva che, comunque, non sussisteva l’elemento soggettivo del reato ascritto al sanitario – l’indebito rifiuto – in quanto tutte le circostanze obiettive del caso erano tali da indurre nel medico il fondato convincimento che, stante l’intervenuto decesso, non vi era una particolare urgenza di intervenire.

La Suprema Corte, nel confermare la decisione del GUP, ha sottolineato che il figlio del paziente, rispondendo ad una precisa domanda del medico di guardia, aveva confermato che il padre, gravemente malato di Alzheimer, era deceduto da pochi minuti, tant’è che, nell’attesa dell’arrivo del sanitario, egli avrebbe provveduto “a lavare e vestire il corpo del congiunto”.

È stata, quindi, ritenuta infondata la personale interpretazione dei fatti posta alla base del ricorso in cassazione presentato dal figlio del paziente deceduto, costituitosi parte civile nel processo penale, a carico del quale sono state poste le spese processuali.
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