giovedì 30 gennaio 2014

Cassazione, medici di medicina generale: ecco i paletti agli accordi locali

di Paola Ferrari (da Il Sole-24 Ore Sanità)
 28 gennaio 2014                                          
Il rapporto ottimale non può essere innalzato dalle Regioni. Gli accordi locali nelle Province autonome non possono violare le regole delle convenzioni nazionali. E il giudice competente nelle controversie è quello ordinario, non quello amministrativo. Sono tre indicazioni destinate a fare giurisprudenza quelle espresse nella sentenza di rinvio n. 67/2014 del 7 gennaio emessa dalle Sezioni Unite della Cassazione.
L'occasione è derivata dall'appello della Fimmg contro la determinazione della Provincia autonoma di Bolzano che innalzava il rapporto ottimale dei generalisti a un medico ogni 1.500 assistibili con massimale fino a 2.000 per ogni medico, violando, secondo il sindacato, la legge 833/1978, art. 48, comma 3. Secondo la Fimmg, l'innalzamento oltre il massimale previsto dagli Acn (1 medico ogni 1.000 assistibili con massimo di 1.500 pazienti) è un limite inderogabile dalla contrattazione decentrata.
La questione aveva visto nella fase di merito due pronunce opposte.
Le Sezioni Unite hanno adesso dato ragione ai medici considerando il provvedimento regionale illegittimo. Le regole di riferimento, contenute nel Dlgs 502/1992, art. 8 (richiamate dal Dl 81/2004, art. 2 nonies, convertito dalla legge 138/2004), costituiscono princìpi fondamentali cui la legislazione provinciale è tenuta a uniformarsi. Il contenuto degli Acn rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale e dei pediatri a livello nazionale. Di conseguenza, le convenzioni decentrate possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli Accordi collettivi, ma non possono contraddirli. Questo vale, afferma la sentenza, anche nel caso delle Regioni autonome i cui statuti hanno carattere concorrente con la legislazione statale: la loro autonomia deve essere esercitata, oltre che in armonia con la Costituzione e i princìpi dell'ordinamento giuridico dello Stato, nei limiti dei princìpi stabiliti dalle leggi dello Stato (comma 1).
Al riguardo, la Corte costituzionale con la sentenza 59/2006 ha rilevato che quando la normativa interessata ricade nella competenza legislativa concorrente, l'autonomia delle Province di Trento e Bolzano non rende più ampia la loro sfera legislativa in confronto a quella delle Regioni a statuto ordinario; il che comporta che, al pari delle Regioni, nelle materie di legislazione concorrente, ai sensi dell'art. 117, comma 3, ultima parte, spetta alle due Province «la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato».
In tema di giurisdizione, la sentenza ha chiarito che sono rimesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo le controversie relative a concessioni di pubblici servizi in cui la Pa, quindi, agisce come autorità impositiva. Quando, al contrario, agisce con interventi a contenuto negoziale la materia è attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario dal Dlgs 165/2001, articolo 63, comma 3, rientrando nel novero delle «controversie promosse da organizzazioni sindacali, dall'Aran o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva di cui all'art. 40 e seguenti del decreto», tra le quali vanno ricomprese anche le controversie in cui venga in contestazione la validità o l'efficacia di determinate clausole collettive (v. S.u. n. 3145/2003).
In conclusione, le Sezioni Unite hanno cassato la sentenza 15/2011 della Corte d'appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, rinviando alla stessa Corte in diversa composizione. Con l'ordine di procedere a nuovo esame applicando il principio di diritto enunciato: il contenuto delle convenzioni nazionali «rappresenta principio generale di regolazione del rapporto convenzionale dei medici di medicina generale a livello nazionale» e gli accordi decentrati tra Provincia autonoma e sindacati «possono regolare autonomamente gli aspetti collaterali a quelli già definiti con gli accordi nazionali previsti dalla legge 138/2004, ma non possono contraddire le disposizioni contenute negli accordi stessi».


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